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C'è una vanga in campo. Tutto normale se fossimo in campagna, ma siamo su un terreno di gioco. È piovuta dalla tribuna, lanciata da chissà chi. Alla società arriverà una multa, ma non una delle solite, una di quelle micidiali. Per pagarla dovrà organizzare una serie indefinita di sagre: porchetta, salsiccia, crostino e maccherone, sperando di aver raccolto abbastanza per fare fronte all'ammenda inflitta dal "Bollettino del giudice sportivo". Benvenuti nel calcio senza riflettori, in cui il campo a volte occorre chiederlo al prete, che te lo concede solo a un patto: niente bestemmie, e la domenica tutti a messa. Il calcio pane e salame, quello dei campanili, è stato questo, e spesso lo è ancora. È quello delle cene portafortuna e del "badalinee" che anche se è ammalato in campo deve andarci lo stesso, «perché con lui si vince». Il calcio fango e zolle è il santino apotropaico, è la sortita nel paese avversario la notte prima della partita, è il sale gettato in campo a chili. Preparatevi a partire per un viaggio surreale ed esilarante in un universo parallelo a quello dei campioni milionari e dell'industria del calcio spettacolo, ma prima mettetevi l'elmetto: c'è sempre il rischio che da un momento all'altro voli qualche vanga in campo. Prefazione di Gabriele Gravina.